Olio Extra Vergine di Oliva, l’Oro Verde di Reggello

Reggello

Un territorio
magico, immerso
nella natura
incontaminata,
a soli 20 km
da Firenze

Reggello, si trova in provincia di Firenze è un territorio di grande interesse storico e culturale, è stato abitato fin dall’antichità, le prime testimonianze scritte risalgono al X e XI secolo. Inizialmente chiamato Castelvecchio di Cascia, Reggello nasce come luogo di mercato tra la via del Casentino e la Cassia Vetus. Nel 1773 grazie ad un provvedimento legislativo del Granduca Leopoldo si ha la nascita della comunità di Reggello. Il territorio è pieno di attrazioni e luoghi dove le famiglie possono trascorrere un piacevole giornata all’insegna del divertimento. È possibile visitare il Parco Naturale di Vallombrosa ed il suo bosco incantato, dove sono presenti ristoranti, bar e piccole botteghe artigianali. La prima cosa che si nota arrivando a Vallombrosa è “il Pratone”, una grande area verde immersa nella natura incontaminata dove sono presenti barbecue e tavolini, il tutto a disposizione dei cittadini, per organizzare un simpatico picnic con la famiglia o con gli amici.

L’altitudine e la
particolare composizione
chimica del terreno

Rende unico il
nostro territorio

Eccellenza Toscana

Un luogo
privilegiato
per la produzione
di Olio Extra
Vergine di Oliva
dal 1400

La presenza di oliveti sul territorio di Reggello è confermata e documentata nelle carte notarili dello Statuto della Lega di Cascia del 1400, che contiene norme a salvaguardia degli olivi, con l’obbiettivo di incentivare questo aspetto dell’economia locale. Con il passare dei secoli l’importanza della produzione olivicola sul territorio è andata aumentando: nel 1700 si contavano dodici frantoi nella sola area che comprende gli abitati di Pietrapiana, Cancelli, Cascia e Reggello. Nel 1800 la produzione di olio aveva raggiunto livelli notevoli, tanto che Emanuele Repetti, nel suo Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana, afferma che gli olivi «costituiscono il maggior prodotto della Comunità di Reggello». Secondo alcuni studiosi l’olio di Reggello era considerato particolarmente pregiato già dal 1400 ed era pagato fino a quattro fiorini per un ettolitro; il prodotto veniva commercializzato anche al di fuori della Toscana e nel 1500 sono documentati traffici oltremare.

Il Museo Masaccio
espone il famosissimo
Trittico di San Giovenale

Opera di Masaccio
pittore del Valdarno

Museo Masaccio

Reggello,
un territorio
ricco di storia
fin dai tempi
del rinascimento
fiorentino

Il Trittico fu dipinto per la piccola chiesa di campagna di San Giovenale, all’epoca sotto il patronato di Vanni Castellani, a 2 km circa da Reggello e a pochi chilometri da San Giovanni Valdarno, luogo di origine di Masaccio. A San Giovenale il trittico rimase per secoli, fino alla sua scoperta nel 1961. L’opera era in cattivo stato di conservazione e il primo ad occuparsene, intuendo l’autografia del grande maestro, padre della pittura rinascimentale, fu Luciano Berti. Con il restauro venne alla luce una scritta con la data 23 aprile 1422, che confermò l’ipotesi attributiva: a quella data Masaccio era l’unico pittore nel panorama fiorentino che era in grado di conoscere e applicare la prospettiva centrale a unico punto di fuga, come si vede nel trono della Madonna. L’opera venne restaurata e nel 1988 collocata nella pieve di San Pietro a Cascia di Reggello, più adatta ad accoglierla. Solo nel 2002 è stata spostata in un museo d’arte sacra appositamente creato, il Museo Masaccio.

Un’importante punto
di riferimento per la
cultura scientifica

Vi ha soggiornato
Galileo Galilei

Abbazia di Vallombrosa

Questa Abbazia è
stata catalogata
dallo Stato italiano
come “monumento
nazionale” per la
sua storicità

L’Abbazia di Vallombrosa è monumento nazionale italiano, lo Stato italiano l’ha classificata come rilevante per le proprie caratteristiche storiche, simbolo di riferimento per la comunità nazionale. Quella che noi tutti oggi conosciamo come imponente Abbazia, un tempo era soltanto una piccola capanna di legno realizzata da Giovanni Gualberto, un nobile fiorentino, che decise di ritirarsi in questi boschi per dedicarsi alla preghiera. Nel 1036, iniziarono i lavori per la realizzazione delle celle e dell’oratorio. Ma solo dopo molto tempo cominciò ad assumere l’aspetto che vediamo oggi, nel XIII° secolo fu eretto il campanile, nel XV° secolo fu ampliato il monastero e aggiunta una torre difensiva. I Vallombrosani condussero osservazioni meteorologiche per la rete meteorologica medicea, la prima istituita in Europa. L’aurea spirituale che circonda questi luoghi vi fà capire perchè i Monaci hanno sempre fatto dell’abbazia e del bosco la loro dimora fisica e spirituale.

Riserva Naturale
Statale Biogenetica
di Vallombrosa

Si trova l’albero più
alto d’Italia, un Abete
Bianco di 64,50 m

Riserva Naturale

Una Riserva
Naturale
Biogenetica
mantenuta nei
secoli dai frati
benedettini

La storia della foresta è legata a quella dei Monaci Benedettini Vallombrosani, la cui congregazione fu fondata da San Giovanni Gualberto nel 1036. In un bosco già composto prevalentemente da latifoglie, i monaci iniziarono dal XIV secolo l’impianto dell’abete bianco il cui legno era destinato al taglio e, successivamente, alla vendita principalmente ai cantieri navali. L’attività forestale divenne il settore principale della loro economia e i terreni di proprietà crebbero nel corso degli anni. Nei secoli successivi l’attività in ambito forestale si approfondì grazie a figure come l’Abate Luigi Fornaini (XVII Secolo) fino alle interruzioni dovute alle soppressioni sia napoleoniche che del Regno d’Italia, che costrinsero i monaci a lasciare l’abbazia per tornarvi nel 1949. Nel 1977 la foresta diviene Riserva Naturale e dal 1992 insieme alla vicina Foresta di Sant’Antonio costituisce una Zona Speciale di Conservazione all’interno della rete europea Natura 2000.

Arboreto sperimentale
di Vallombrosa del
Regio Istituto forestale

Sono presenti 5.000 piante differenti

Arboreto sperimentale

Un habitat significativo
per la tutela
della biodiversità,
al suo interno si
trovano 5.000
piante differenti

L’Arboreto di Vallombrosa sorge a circa 950 metri sul livello del mare, realizzata in un’area boschiva artificialmente per ricreare un habitat significativo per la tutela della biodiversità. L’arboreto di Vallombrosa, che costituisce la più importante collezione italiana di piante nata a scopi scientifici e sperimentali, ha attualmente una collezione di circa 5.000 esemplari suddivisi in oltre 700 specie arboree e arbustive. Fondato nel 1870 da Adolfo di Bérenger, primo direttore del Regio Istituto forestale di Vallombrosa, sorge su un suolo siliceo nella fascia di transizione fra castagneto e faggeta. L’attuale arboreto è suddiviso in sette “arboreti” realizzati in epoche diverse, una per ciascuno dei curatori che si sono succeduti dall’anno della sua fondazione. Secondo una definizione, l’arboreto è un «grandioso erbario vivente che svolge funzione di orto botanico per piante arboree ed arbustive con finalità didattico-pedagogiche, di ricerca scientifica, di classificazione e ornamentale.

Castello di Sammezzano, architettura orientale
in Toscana

Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona

Castello di Sanmezzano

Il più importante
esempio di architettura
orientalista presente
in Italia e l’unico parco
ad avere al suo interno
sequoie americane

L’edificio principale è una costruzione eclettica con prevalenza di stile orientalista, effetto della ristrutturazione ottocentesca di una grande fattoria edificata nel 1605 per volere della famiglia Ximenes D’Aragona. La storia del luogo è però più antica e viene fatta risalire all’epoca romana, con riferimenti a Carlo Magno in ritorno da Roma. La tenuta di cui fa parte il castello appartenne nei secoli a diverse famiglie: gli Altoviti, poi, per volere del duca Cosimo, a Giovanni Jacopo de’ Medici, che infine la vendette a Sebastiano Ximenes. Tali beni restarono a Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona che lo riprogettò tra il 1853 e il 1889. In circa quaranta anni il marchese progettò, finanziò e fece realizzare il parco e il castello di Sammezzano, il più importante esempio di architettura orientalista in Italia. Sull’onda della corrente culturale definita “Orientalismo” che si diffuse in tutta Europa dall’inizio dell’ottoceto, Ferdinando vide in Firenze uno dei principali centri.

Le balze del Valdarno,
un fenomeno geologico
unico nel suo genere

Un lago presente 7.000.000 di anni fa

Le balze del Valdarno

Un lago presente
più di 7.000.000
di anni fa, le sue
tracce sono
ancora visibili
sul territorio

Il fondovalle del Valdarno come lo vediamo oggi è il risultato dei fenomeni geologici, avvenuti dopo l’estinzione del Lago pliocenico del Valdarno Superiore. Da questo momento in poi inizia la fase erosiva che continua anche adesso. L’insieme del paesaggio è molto suggestivo, anche i nomi dei poderi alludono a scenari incantati e a presenze magiche. Lungo i corsi d’acqua si sono formati dei piccoli stagni o laghetti, importanti serbatoi di riproduzione di anfibi, insetti, crostacei, molluschi e piante acquatiche. Da tempo si discute di progetti per la protezione e la valorizzazione turistica delle Balze, ma fino ad oggi le iniziative sono poche e questa “Monumental Valley” in miniatura nel mezzo della Toscana rimane sconosciuta a molti. Molti sono i sentieri CAI che possono essere percorsi in bici o a piedi, dai quali è possibile ammirare le Balze. Per ammirare queste formazioni si può percorrere la strada provinciale Setteponti lungo il tracciato dell’antica Cassia Vetus.

La Toscana, una terra piena di storia.
Ogni storia un segreto da raccontare.
Noi ti sveliamo il segreto dell’Oro Verde di Reggello.